Workaholism e burnout: 5 modi per riconquistare l’equilibrio vita‑lavoro
Individua i segnali di un workaholic, svela i costi nascosti del superlavoro e scopri tattiche basate sulla scienza per aumentare la produttività senza sacrificare la tua salute.
Pubblicato inizialmente il 2.7.2025
Tempo di lettura: 5 minuti

Ti è mai capitato di rispondere a messaggi su Slack a mezzanotte, al buio, ripetendoti: "Solo quest’ultimo"? Non sei l’unico. Quando l’adrenalina della produttività batte il sonno, potresti essere passato da un sano impegno al “workaholism”, il bisogno compulsivo di restare al lavoro anche quando la lista di cose da fare è esaurita. Lo psicologo Wayne Oates coniò il termine nel 1971, definendolo dipendenza dal lavoro. In parole povere: il workaholism è la hustle culture in versione steroidi, con effetti collaterali molto concreti.
Il lato positivo che ci aggancia e il conto nascosto
Diciamolo: il super‑lavoro offre dei vantaggi, soprattutto all’inizio:

Dentro la mente del workaholic
Perfezionismo, sindrome dell’impostore e pensiero tutto‑o‑niente alimentano il motore dell’iper‑lavoro. Completi un compito, arriva uno shot di dopamina. Il cervello impara in fretta: lavoro = botta di buon umore. Se poi l’azienda premia le e‑mail notturne, ecco che hai instaurato un circuito di abitudine degno di qualunque manuale sulle dipendenze.
Cinque modi per riprenderti il tempo (e la sanità mentale)
Traccia un confine netto. Scegli un orario di “shutdown”: diciamo le 18:00 e difendilo come faresti con un volo in partenza. Quando scatta l’ora, chiudi il laptop e allontanati fisicamente. Una stanza o perfino una sedia diversa comunicano al cervello: «Cambia modalità».
Metti in agenda la vita prima che il lavoro trabocchi. Prenota sette ore di sonno, tre allenamenti e un rituale sociale (serata pizza, partita di calcetto, brunch della domenica). Trattali come riunioni con qualcuno di non negoziabile: il Te Stesso del futuro.
Rispondi al perfezionismo. Scrivi i pensieri automatici tipo «Solo io posso farlo bene». Ribatti con i fatti: «Il mio team ha gestito progetti simili senza problemi». Fallo spesso; il volume dell’ansia si abbasserà.
Accorcia il guinzaglio digitale. Decidi quali canali sono davvero critici dopo l’orario di lavoro (spoiler: probabilmente nessuno). Silenzia il resto. Comunica ai colleghi: «A meno che non sia taggato Urgente, lo vedrò domani». La chiarezza di solito viene rispettata.
Trova piaceri senza sensi di colpa fuori dall’orario. Un torneo di tennis, un corso di ceramica o un club del libro fanno miracoli. Ricordi al sistema nervoso che esistono altri modi per sentirsi vivi.
Quando il fai‑da‑te non basta
Se anche un solo pomeriggio lontano dal laptop ti genera ansia, è il momento di chiamare i rinforzi. Un terapeuta può aiutarti a smantellare l’idea profonda che il tuo valore coincida con la tua produttività (se vivi nella zona di Zurigo, puoi contattarmi).
In sintesi
Il duro lavoro costruisce carriere; il lavoro compulsivo le logora. Il successo sostenibile vive nel punto d’equilibrio in cui sei presente al lavoro ma sai chiudere il laptop senza sensi di colpa. Stabilisci confini, prenditi cura del corpo, sfida la playlist perfezionista nella tua testa e vedrai migliorare sia l’umore sia i risultati.
Bibliografia
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The Antecedents and Consequences of Workaholism: Findings From the Modern Japanese Labor Market, Satoshi Akutsu, Fumiaki Katsumura, Shohei Yamamoto
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Differential Effects of Workaholism and Work Engagement on the Interference Between Life and Work Domains, Giovanni Di Stefano, Maria Gaudiino
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Workload, Workaholism, and Job Performance: Uncovering Their Complex Relationship, Paola Spagnoli, Nicholas J Haynes, Liliya Scafuri Kovalchuk, Malissa A Clark, Carmela Buono, Cristian Balducci
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Helping a Workaholic in Therapy: 18 Symptoms & Interventions
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Work/Life Balance Tips for Workaholics
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